Nel contesto attuale, l’integrazione delle tecnologie avanzate e dell’intelligenza artificiale (AI) nel mondo lavorativo ha portato a significativi cambiamenti di ordine logistico nell’ambito delle organizzazioni ma anche dal punto di vista comportamentale e dunque strettamente umano.
Tuttavia, è fondamentale esaminare non solo i benefici, ma anche i potenziali danni che queste innovazioni possono comportare per il benessere psicologico dei lavoratori.
Mettendo a fuoco tutto ciò, sarà possibile adoperarsi affinché le new technologies diventino davvero alleate all’interno dell’azienda e non l’ennesimo problema di cui doversi occupare quando sarà già fin troppo conclamato.
Per esempio, una delle applicazioni positive dell’AI è che può analizzare una mole ingente di dati in tempi strettissimi; pensiamo ai reparti marketing: i manager riusciranno a prendere decisioni più consapevoli in meno giorni, contando su dati già scissi, poi aggregati e organizzati dall’AI.
Questo da una parte migliora l’efficienza operativa e logistica in azienda, dall’altra alleggerisce lo stress (e in parte anche il peso delle incertezze) associato proprio al processo decisionale. Ciò conferisce un senso di benessere mentale che si ripercuote favorevolmente su tutto il team di lavoro. L’uso crescente di dispositivi digitali ha portato tuttavia anche a una forma di dipendenza che influisce non solo sulla vita privata ma anche sull’ambiente lavorativo dove probabilmente questa problematica non mi manifesterà subito ma più in là nel tempo; quando lo farà, è plausibile che diventerà di colpo molto evidente e strutturata, in quanto ormai radicata a livello comportamentale del singolo.
Iperconnesione, addiction e schemi ricorrenti: cosa succede?
L’iperconnessione costante può infatti generare nell’individuo una sorta di stato di allerta perpetuo che impedisce il recupero psicologico e l’equilibrio tra vita professionale e personale.
In realtà, recenti ricerche sottolineano effetti molto simili causati anche dall’astinenza da AI e nuove tecnologie: pur comprendendo che non si possano usare sempre (talvolta anche per espliciti divieti in determinati ambienti lavorativi), si riscontra una tendenza a persistere – a volte anche di nascosto – fino ad accettare più o meno consciamente conseguenze negative sul posto di lavoro, come ad esempio provvedimenti disciplinari e richiami.
Invitiamo a soffermarsi anche sull’intreccio strettissimo tra AI e metaverso: le persone (soprattutto quelle più fragili, con depressioni latenti, ADHD o altre condizioni pregresse) si costruiscono letteralmente un mondo che non è reale ma che diventa reale per loro. Un universo alternativo da cui iniziano ad avere difficoltà ad uscire poiché soddisfa in pieno tutti i loro bisogni (i quali sono spesso indotti proprio da questi scenari virtuali).
Certamente, ad oggi non è possibile stabilire correlazioni tra l’addiction da new technologies e la salute in senso stretto, tuttavia è lapalissiano constatare che ci si può mettere in pericolo per distrazione da utilizzo (ad esempio, per chi guida) o per il disagio sociale derivante da un eccessivo “rinchiudersi” in meccanismi sempre più virtuali e meno orientati alla prossimità.
Effetti sulla creatività e spirito di squadra: una nuova alienazione?
C’è anche un’altra questione sulla quale sarebbe opportuno iniziare a ragionare: l’introduzione dell’AI nei processi lavorativi può ridurre la percezione di autonomia nei lavoratori.
Sebbene investire in AI spesso significhi promozione della crescita collettiva e professionale (poiché incentiva innovazione, nuove competenze, maggior curiosità intellettuale), c’è però anche da dire che quando le decisioni sono sempre più delegate a sistemi automatizzati, i dipendenti possono sentirsi privati della propria capacità di influenzare il risultato del proprio lavoro. Questa perdita di controllo (o alienazione, rifacendoci a Marx) può portare a una diminuzione della motivazione e della creatività, elementi essenziali per un ambiente lavorativo sano e produttivo.
Non solo:la costante interazione con tecnologie avanzate può contribuire a un aumento dei sintomi di burnout e depressione. La pressione per adattarsi a un ritmo lavorativo sempre più veloce e alla continua formazione su nuove tecnologie per alcuni può diventare opprimente, per esempio in quei casi in cui non si possiedono caratteristiche di flessibilità e skills pre-esistenti (o pre-acquisite).
Le aziende devono essere consapevoli di questi rischi e adottare strategie per supportare il benessere psicologico dei loro dipendenti.
La necessità di un nuovo corporate well-being
È cruciale in questi anni che le organizzazioni inizino a sviluppare una cultura del benessere che promuova l’uso consapevole delle tecnologie, avendo in questo modo cura dei propri dipendenti: per esempio, possono essere utili dei programmi di formazione sulla gestione del tempo e sull’equilibrio vita-lavoro.
Inoltre, incentivare momenti di disconnessione e di valorizzazione delle interazioni umane può contribuire a mitigare gli effetti negativi delle tecnologie.
Questo è certamente un compito impegnativo e molto delicato perché entra nella sfera personale e perché il “terreno di gioco” è mente e anima delle persone. Tuttavia, un uso così pervasivo – per quanto utile ed entusiasmante – di questi strumenti anche sul lavoro impone qualche cautela in più rispetto al passato.
In sintesi, mentre le tecnologie avanzate e l’intelligenza artificiale offrono opportunità senza precedenti, è essenziale affrontare i potenziali rischi per la salute mentale e il benessere dei lavoratori. Solo attraverso un approccio equilibrato e consapevole possiamo sfruttare appieno i vantaggi delle nuove tecnologie, creando un ambiente di lavoro sano e produttivo.