La consapevolezza del proprio ruolo all’interno di un’organizzazione è una competenza fondamentale che incide su ogni aspetto dell’attività lavorativa: dalle decisioni quotidiane alle dinamiche interpersonali, fino all’andamento complessivo dei progetti aziendali. Prendere coscienza di ciò è fondamentale poiché, proprio come un faro, la consapevolezza guida l’individuo attraverso la complessità delle dinamiche lavorative.
Parlarne è importante per più ragioni, non da ultima la constatazione che troppo spesso si tende a considerare il ruolo come qualcosa di statico, definito esclusivamente dalle mansioni elencate in una job description o dalle aspettative aziendali.
Al contrario, questo concetto è ben più ben più complesso e pervasivo, andando a coinvolgere vari livelli gerarchici: si è spesso portati a credere che questa riflessione dovrebbe essere interiorizzata dai manager o da chi sta per approcciarsi ad un ruolo apicale; in realtà, ciò è vero a qualsiasi piano: dal più semplice degli impiegati appena assunti, fino al CEO.
Stiamo capendo che la consapevolezza del ruolo rappresenta una sorta di “filo conduttore” che guida non solo l’efficacia delle operazioni quotidiane ma anche – e soprattutto! – la qualità delle relazioni professionali e il successo globale di un’impresa.
Implica quindi una riflessione continua sul proprio impatto, sulle proprie scelte, sulla capacità di influenzare e migliorare il contesto in cui si lavora.
Un approccio consapevole è allora quello che non si limita a seguire passivamente le indicazioni (o a darne) ma che si interroga sulle proprie azioni, riconoscendo che ogni decisione può avere conseguenze dirette e indirette, sia sui progetti che sulle persone.
Oltre la job description c’è l’individuo
Il concetto di ruolo in azienda è intrinsecamente duale: da un lato è definito da formalità, quindi la job description, gli obiettivi da raggiungere, le responsabilità delineate da strategie marketing, business plane ecc…
Dall’altro, si estende in un territorio di discrezionalità, dove l’individuo ha la libertà di interpretare e dare forma al proprio contributo: è proprio qui che emerge il valore unico della persona.
Quindi, essere consapevoli del proprio ruolo significa comprendere che ogni azione, ogni decisione, ha un impatto che si riverbera attraverso l’intera organizzazione, come succede ad un sasso lanciato in acqua: crea cerchi che mano a mano si espandono.
Significa riconoscere che, anche nel ruolo più apparentemente marginale rispetto al nostro, si esercita un’influenza, si contribuisce a un disegno più ampio. Questa consapevolezza implica una profonda responsabilità: verso se stessi, verso i colleghi, verso l’organizzazione nel suo complesso.
Bisogna interiorizzare a fondo il fatto che le nostre azioni e decisioni non sono meri atti procedurali ma plasmano l’esperienza lavorativa di chi ci circonda.
Un manager consapevole, quindi, comprende che le sue direttive possono ispirare o demotivare, che il suo feedback può costruire o demolire.
Dal canto suo, un impiegato consapevole sa che il suo atteggiamento, la sua collaborazione, il suo approccio possono facilitare o ostacolare il lavoro non solo proprio ma anche altrui.
Questo è il punto cruciale su cui riflettere: la consapevolezza del ruolo è intimamente legata alla consapevolezza di sé.
Vuol dire conoscere i propri punti di forza e di debolezza, le proprie reazioni, i propri pregiudizi; significa essere in grado di gestire le proprie emozioni, di comunicare efficacemente e – di conseguenza – di costruire relazioni positive.
Accountability e autenticità: valori aggiunti
Questo discorso si intreccia con un altro concetto importante: quello di accountability, ovvero la capacità di assumersi la responsabilità delle proprie azioni.
Sebbene sia un pilastro della consapevolezza del ruolo, va distinto da essa: l’accountability non è infatti mero adempimento bensì impegno, dedizione, proattività. È la volontà di andare oltre il compitino, di cercare soluzioni, di proporre miglioramenti.
In un contesto lavorativo in rapida evoluzione, dove l’innovazione e l’adattabilità sono fondamentali, la discrezionalità diventa un fattore chiave: si apprezza chi sa interpretare il proprio ruolo in modo dinamico, propositivo, autentico.
Torneremo a parlarne più approfonditamente nei prossimi mesi ma per il momento è importante sottolineare che ogni membro di un’organizzazione, indipendentemente dal grado di responsabilità formale, è deputato ad agire anche con un certo grado di discrezionalità ma sempre all’interno di un perimetro di azione che ha ricadute su altre persone e su altre attività.
Anche chi occupa un ruolo tecnico o di supporto ha un impatto sul risultato finale di un progetto, sulla dinamica del gruppo e sul clima aziendale. L’idea che ogni decisione, anche a livello operativo, possa influire sull’esito complessivo dell’attività lavorativa è un aspetto che troppo spesso viene sottovalutato ma che, quando viene alla luce, può apportare notevoli cambiamenti migliorativi a tutto l’ambiente.
Le ricadute dirette sono gli effetti immediati che una decisione può avere sul progetto, come il successo di un’operazione, il rispetto delle scadenze, il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Quelle indirette riguardano l’impatto che le azioni hanno sul clima relazionale e sulle dinamiche interne al team. Per esempio, una decisione presa senza un’adeguata consapevolezza potrebbe causare frustrazione tra i collaboratori, creare disagi nelle comunicazioni, danneggiare il morale del gruppo, ridurre l’efficienza complessiva e compromettere il raggiungimento degli obiettivi a lungo termine. Il manager consapevole, quindi, è colui che ha una visione globale dell’impatto che le sue scelte e i suoi comportamenti hanno sugli altri e sull’organizzazione nel suo complesso.
Questo approccio, come dicevamo, non è limitato ai soli manager: ogni collaboratore, anche nelle posizioni meno visibili, è chiamato a fare attenzione a come le sue azioni influenzano gli altri e, più in generale, il lavoro comune.
Essere consapevoli del proprio ruolo significa comunque anche saper definire i limiti entro cui muoversi e, soprattutto, riconoscere quando è il momento di spingersi oltre… o quando limitarsi.
Questo non implica un atteggiamento passivo o rigido ma una riflessione attiva sulla propria capacità di influire sugli sviluppi di un progetto, sui rapporti interpersonali e sul risultato complessivo del team.
Anche in contesti meno “strategici” ma più operativi, la consapevolezza si traduce nel riconoscere quali sono le proprie competenze, dove è possibile fare la differenza e quando, invece, è necessario delegare o astenersi dall’agire in modo troppo invadente: in sintesi, la consapevolezza che ogni compito può essere affrontato con un livello di impegno e creatività differente.
La persona al centro dei suoi mondi
A questo punto, è importante sottolineare che la consapevolezza del ruolo non riguarda solo le competenze professionali ma prima di tutto la consapevolezza di sé come persona.
Gli esseri umani non sono semplicemente “incasellabili” in un ruolo predefinito ma sono individui con esperienze, valori e motivazioni uniche che influenzano il modo in cui si relazionano con gli altri e affrontano le sfide professionali.
Ciò implica una continua riflessione su come le proprie inclinazioni personali, la propria visione e i propri valori si riflettano nel lavoro che si svolge.
Essere consapevoli del proprio ruolo significa essere consapevoli anche di come ci si presenta al mondo esterno, come si reagisce alle sfide e come si interagisce con i colleghi, nell’ambito del vivere civile e del perimetro che dobbiamo imparare a riconoscere.
La consapevolezza di sé, quindi, è il primo passo per essere consci del proprio impatto sugli altri e sull’organizzazione nel suo complesso, è una forma di responsabilità personale che va coltivata giorno per giorno, al di là dell’azienda in cui si lavora e con chi ci si rapporta.
Esattamente come un muscolo, anche questa sensibilità va allenata: la formazione in tal senso permette di avviare non solo la riflessione necessaria ma anche di intraprendere un percorso che metta in atto meccanismi di azione proattiva, mirata ed efficace per migliorare anzitutto la propria vita e anche quella di colleghi e collaboratori.
Se fino a qualche anno fa il cosiddetto valore aggiunto non era richiesto (se non addirittura scoraggiato), oggi è invece apprezzato perché si è compreso che ciò che fa la differenza è la persona, è come ci si pone nelle attività che si svolgono: la formazione aiuta a prenderne atto e a muoversi nella giusta prospettiva, nei giusti confini, per dare quella spinta in più nell’ottenimento di risultati migliorativi.
Le organizzazioni che investono nella consapevolezza del ruolo dei propri collaboratori puntano sul proprio futuro poiché promuovono un ambiente di lavoro più sano, più produttivo, più gratificante: in sintesi valorizzano il capitale umano, la risorsa più preziosa.
In un mondo del lavoro sempre più complesso e interconnesso, la consapevolezza del ruolo è una competenza indispensabile per navigare con successo le sfide e cogliere le opportunità. È la bussola interiore che guida l’individuo verso la realizzazione personale e professionale, contribuendo al benessere dell’intera organizzazione.